CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – San Martino, racconti di Fiera

 

Raviolo, Roccati, Vergnano. Pagine di storia

di Valerio Maggio

Ancora una volta, è San Martino con la sua Fiera raccontata così da alcuni illustri nostri concittadini.

«Una città dentro la città ribattezzata per molto tempo ‘la città di tela’. Ed era davvero così: il circo, le giostre, i baracconi, i divertimenti, i personaggi pittoreschi. Voci e colori venuti da lontano che per qualche giorno prendevano residenza a Chieri. Accadeva ogni anno. […] In contemporanea si svolgeva il ‘mercatone’, un bizzarro campionario di umanità e merci che esercitava un fascino particolare […]. Forse, chi possedeva ben poco, almeno un giorno all’anno sentiva di aver tutto a portata di mano […]. E poi tante altre presenze caratteristiche dei giorni di fiera. Protagonisti di un mondo che in gran parte non esiste più, ma incancellabili dai ricordi di chi quegli anni li ha toccati con mano».(1)

Tra questi «i barboni dei mercati e delle fiere. Coloro che vi appartenevano conoscevano a memoria ogni pagina del ‘Chiaravalle’ e svolgevano la loro attività nell’esteso territorio della repubblica chierese. Conoscevano ogni trucco che potesse servire all’accattonaggio e sapevano sfruttarlo nel migliore dei modi. Astuti commedianti sapevano fingere deformazioni e mali immaginari per stimolare la pietà altrui. Conoscevano a menadito le strade più frequentate e gli angoli più favorevoli per il loro redditizio lavoro. Per i giorni di fiera arrivavano gli ‘oriundi’ poiché, essendo conosciuti, gli indigeni non avevano sicure possibilità di successo. Questi forestieri, però, versavano il loro contributo alle finanze locali depositando le regolari ‘taglie’ alla cosiddetta ‘capitaneria di zona’. Finito il giro la comitiva turistica si disperdeva».(2)

Intanto «In piazza Umberto […], nel periodo proprio della fiera, ci si imbatteva nella figura caratteristica del ‘brindör’, un sensale di vini che portava a tracolla una piccola botticella e in mano un bicchiere per offrire, a un possibile cliente, un assaggio del vino. Poco lontano in via dei Mercanti, oggi declassata a via Carlo Alberto, l’esposizione dei panni e dei tessuti accatastati su piccoli banchi dai ‘bateur’. E poi, sempre in quel periodo, il più serio e quasi silenzioso mercato della legna da ardere in piazza delle Orfane ‘mercà dër bòsc’, (ora piazza Trento n.dr.) dove, fin dalla prima mattina, contadini dalle lunghe mantelle schieravano carri di tronchi e rami. L’inverno vicino non consentiva troppe discussioni».(3)

Poi era la fine. «L’ultimo giorno finiva più presto degli altri, le osterie si svuotavano, la vita si normalizzava, la città si sfollava […]. Noi ragazzi rimpiangevamo il finire della fiera e seguivamo con rimpianto le lunghe file dei baracconi che ci lasciavano […]. Giungevamo così a metà novembre. In alcuni anni la neve aveva già coperto le strade ed i tetti. Non restava che rifugiarci nel tepore delle case per attendere l’inverno».(4)  

 

1  (Massimo Raviolo – Chieri in fiera da San Giuliano e Santa Basilissa a San Martino – EDITO, Riva Presso Chieri, 2007)

2  (Luigi Roccati – Barboni a Chieri – Tipografia Ernesto Bigliardi Chieri, 1971)

3  (Alfonso Maria Vergnano – Centotorri programma – novembre 1976)

4  (Luigi Roccati – La sagra degli umili -)