CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – Chieri e l’elezione farsa del 1934

 

90 anni fa, anche i chieresi votarono per un’unica lista. Che, naturalmente, stravinse…

di Valerio Maggio

Il 24 marzo 1934 (novant’anni fa) si tenevano le ultime ‘elezioni farsa’ indette dal Regime fascista per eleggere i parlamentari. Quelli del 1939, infatti, verranno direttamente cooptati dall’alto. Perché ‘elezioni farsa’ ? Per il semplice motivo che essendo stata abolita l’elezione diretta dei candidati alla Camera con la legge elettorale del 1928, sostituita con la cosiddetta ‘approvazione’, il corpo elettorale veniva chiamato ad esprimersi su di un’unica lista di nomi scelti dal Gran consiglio del fascismo: il cosiddetto plebiscito.  Gli elettori, infatti, esprimevano la propria adesione al Regime attraverso un semplice Si da apporre sulla scheda elettorale tricolore (bianco, rosso e verde). Mentre quella del No era di color bianco. In questo modo il voto non era più segreto poiché il cittadino presentandosi avrebbe dovuto richiedere ai componenti del seggio, prima del voto stesso, il tipo di scheda da lui prescelto. I risultati della consultazione ascriveranno – come era facile prevedere – una vittoria annunciata: (10.043.875 Si 99,85 % – 15.215 No 0,15%).

Ciò che accadde da noi lo racconterà così, la settimana successiva, il settimanale l’Arco: «Nel travolgente plebiscito di domenica tutta Chieri è accorsa alle urne e come un sol uomo ha risposto Si. Ecco le magnifiche votazioni delle quattro sezioni della nostra città: sezione I iscritti 849, votanti 827, Si 827; sezione II iscritti 871, votanti 864, Si 864; sezione III iscritti 861, votanti 841, Si 839, No 1, nulla 1; sezione IV iscritti 821, votanti 805, Si 803, No 2. Totale iscritti 3402, totale votanti 3337, Si 3333, No 3, nulle 1. Tutti gli elettori hanno risposto “Presente” avendo votato il 98, 10% ed il 99, 88% dei votanti ha risposto Si. Affermazione totalitaria, grandiosa, superba! Viva il Duce!». Affermazione ecc. (non stiamo a ripeterci) di cui lo stesso settimanale si era fatto premuroso megafono, alla vigilia della consultazione, quando la città aveva ospitato con «una grandiosa e vibrante serata (…) il Quadrumviro S.E. il conte C.M. De Vecchi di Val Cismon venuto a portare la sua alta e nobile parola rievocatrice ed incitatrice alla vigilia del grande plebiscito nazionale». A dire il vero non mancherà un lungo articolo anche sull’altro settimanale locale, il cattolico L’Alfiere, che sottolineerà  l’esigenza che «tutti i cattolici si rechino alle urne a votare Si» poiché «L’unità del popolo italiano non può essere compromessa domani dalla pigrizia, e dall’indifferenza degli astensionisti». Pertanto: «Cattolici chieresi! tutti alle urne per dare il vostro consenso al Governo di Benito Mussolini». Malgrado ciò 65 chieresi non risposero al pressante invito. Tra questi c’era anche mio nonno paterno che, come mi raccontava spesso mio padre – lui si salvò dalla ‘farsa’ per pochi giorni (avrebbe compiuto ventun anni in aprile) – si rifiutò categoricamente di presentarsi alla sezione elettorale pur sapendo di rischiare serie ripercussioni.

Scriverà molto più tardi lo storico Renzo De Felice «l’alta percentuale dei votanti è in sé scarsamente significativa, dato che l’astensione costituiva di per se stessa una manifestazione di opposizione e pochi furono coloro che ebbero il coraggio di esporsi ad una facile accusa di antifascismo, un ben diverso valore hanno invece il limitato numero dei No».

 

Foto: anni ’30 gerarchi a Chieri (Biblioteca civica N. Francone  – Archivio storico, sezione storia locale)