Risale al ‘700 (o addirittura al ‘600)
di Antonio Mignozzetti
Gli appunti che stanno alla base di questo articolo l’autore dello stesso li prese in occasione di una visita a questa cappella avvenuta nel 2006 sotto la guida cortese del proprietario di allora, Giovanni Savio, che compare in una foto, e che è mancato nel 2012. Da lui appresi che la cappella risaliva al Settecento. L’attuale proprietario, Renzo Savio, figlio di Giovanni, sostiene che è più antica, e la fa risalire almeno alla metà del Seicento: riparando il tetto, infatti, gli è capitato di trovare una tegola con su scritto “Ronco 1653”: una tegola, cioè, prodotta da una fornace di tale Ronco nel 1653. Notizia interessante, anche se non si può escludere che si trattasse di una tegola riciclata, proveniente da un altro edificio. La cascina della quale la cappella fa parte apparteneva alla famiglia Bruno. Nel 1925 Savio Guglielmo Francesco, padre di Giovanni Savio e nonno di Renzo, acquistò da Gino Bruno (Giudice alla Corte d’Appello di Torino) e dal fratello Gustavo (Giudice a Venezia) la parte dei loro terreni con cascina su cui sorgeva la cappella. Al momento dell’acquisto questa era in condizioni pietose: i mezzadri dei fratelli Bruno l’avevano trasformata in un pollaio. Guglielmo Francesco l’aveva fatta restaurare e riconsacrare. Aveva fatto restaurare anche la bella pala dell’Annunciazione, opera di ottima mano. Per suo interessamento, e poi per interessamento dei figli, il parroco di Montaldo (alla cui parrocchia fa capo la borgata di Airali) vi celebrava la Messa una volta all’anno, in ottobre. L’attuale proprietario, Renzo, racconta di aver saputo da sua madre che in occasione della festa del Corpus Domini la processione, che allora era una cosa molto seria, partiva dalla chiesa parrocchiale di Airali e arrivava fino a questo punto, e sua madre si preoccupava di stendere lenzuoli e tappeti in onore del SS.mo Sacramento. Questo fino agli anni Settanta, quando i Savio ne fecero di nuovo restaurare il tetto e il pavimento. Poi la tradizione della Messa fu sospesa, e con lei quella della processione, e il degrado della cappella ricominciò, anche se la famiglia Savio continuava a pagare l’ICI in quanto proprietaria. Anche se malandati, sono rimasti quasi tutti gli elementi di arredo: un altare in legno, con candelieri di legno; ai lati dell’altare, due lampade sostenute da angioletti di latta; dietro l’altare c’era il seicentesco quadro dell’Annunciazione, trasferito per precauzione; a sinistra del quadro, piccola cornice con un cuore d’argento ex voto; alle pareti, i quadri della Via Crucis, costituiti da belle stampe settecentesche dovute al disegno di Luigi Agricola e all’incisione di Gaetano Canali. Sulla parete destra, statua dell’Immacolata, ricordo (recita il quadretto sottostante) della consacrazione alla Madonna della famiglia di Savio Guglielmo Francesco, attorno al 1950. Alle pareti molti altri quadri di santi: S. Rita, la Consolata (due), S. Teresina del Bambin Gesù, S. Luigi Gonzaga, S. Paolo Apostolo, il Sacro Cuore (due).