Ti racconto che cosa ci lega
(Concita De Gregorio, la Repubblica 18 agosti 2024)
«La fine del dialogo, il disprezzo degli altri. Dov’è la sorgente, quale la causa e quale l’effetto? È stata la fine del dialogo – l’isolamento, la vita in cuffia, il soliloquio – ad aver provocato il disprezzo e la paura dell’altro? L’altro in generale (…). Oppure è stata la paura della “contaminazione” – quel timore di essere contagiati da chi ha meno fortuna, salute, da chi con la sola sua vicinanza porta disgrazia – a renderci sordi, dunque inabili alla comunicazione e incapaci di metterci nei panni altrui? (…) Vivo in giorni di grande isolamento in una speciale comunità, quella della cura: qui, in un ospedale, ai margini e nel silenzio, l’equilibrio è tutto: è misura millimetrica dell’ascolto e del rispetto del vicino. Si chiama proprio così, quello di là della precaria tenda: la vicina, il vicino (…). Ho pensato che mettere il bene e il male in due file ordinate, come fanno gli urlatori di slogan, è facilissimo. Il bene e il male però vivono intrecciati, abitano lo stesso appartamento. Stanno nella stessa persona, sempre. È tutto un lavoro di equilibrio, è una faccenda di rispetto degli altri. Rispetto. Al suo posto c’è la paranoia (…) [la] depressione quella che dilaga nei nostri figli (…). Gridate di meno (…). A dire, come mi accade in questi giorni in questo luogo: di cosa hai bisogno, vicina dietro la tenda, vicina che non vedo ma che c’è. Mi senti capisci la mia lingua? Ti aiuto. È così semplice. Come mai, urlando, ve lo siete dimenticati?»