CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA. CURIOSITÀ CHIERESI – Un suono che racconta

 

 

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Inaccessibile ai più perché issata nella cella campanaria del Duomo, e per questo non visibile con facilità, vogliamo parlare del suono di un’antica campana. Così antica da compiere, nell’anno che ormai volge al termine, cinquecento anni. Era il 1524 quando il Capitolo dei Canonici del Duomo, su iniziativa del Canonico Antonio Carboni, fece fondere la campana che nelle loro intenzioni era da dedicare a San Giuliano, le cui reliquie trecentotrentasette anni prima erano state ritrovate insieme a quelle di Santa Basilissa e Santa Genesia in un campo posto ai confini tra Chieri e Andezeno. Il Canonico Antonio Carboni fu uomo attentissimo alla Fabbrica del Duomo e insieme al Canonico fiammingo Enrico Rampart curò con raffinatezza e attenzione questa grande Casa di Dio e dei chieresi. A San Giuliano erano stati dedicati altari e preziosi reliquiari. Era stata scritta anche la sua vita, insieme a quella di Santa Basilissa sua sposa, in preziosi fogli di pergamena. Dedicargli una campana era un gesto simbolico di affidamento; lo attesta la scritta sulla campana stessa: Sancte Juliane Martyr ora pro nobis.Veniva suonata anche in momenti particolarmente gravi: quando il cielo d’estate si oscurava e si avvertiva il pericolo di grandine. Si dava così il segnale d’allarme e si invocava contemporaneamente la protezione sui raccolti: Sancte Juliane Martyr ora pro nobis… si spandeva così nell’aria il suono e la preghiera.La campana medesima però ci rivela un particolare: venne calata a terra e rifusa nel 1758 quasi certamente a causa di una crepa nel bronzo, ma con grande attenzione la nuova data venne messa dopo quella del 1524. Un segno di rispetto verso i primi committenti. La campana di San Giuliano è la più antica del Duomo. Per questo nel 2005 ricorrendo i seicento anni dalla riedificazione del Duomo (1405 – 2005) decidemmo che sarebbe stata questa campana a dare il segnale dell’inizio della grande festa: sei colpi, uno per ogni cent’anni. Lo decidemmo insieme allora parroco don Dario Monticone e all’indimenticabile Ezio Navone che da lassù, previo mio segnale da terra, suonò la campana lentamente per sei volte, mentre i tantissimi che gremivano Piazza del Duomo erano tutti “naso all’insù” per ascoltare quel suono antico che raccontava una lunga storia.

Anche un suono può essere spunto per raccontare la nostra storia.

Roberto Toffanello