CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA. La fine del monastero e della chiesa di Sant’Andrea

 

Con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi, la chiesa fu venduta all’asta e poi abbattuta

di Antonio Mignozzetti

(2^ e ultima puntata)

Quando, all’inizio dell’Ottocento, l’irreligioso, ingordo ed incolto governo napoleonico decise la soppressione degli Ordini Religiosi, era inevitabile che i numerosi conventi e monasteri di Chieri ne accendessero la cupidigia. Molti di questi, infatti, vennero soppressi e venduti all’asta con le loro chiese e i loro beni, per la gioia di borghesi locali, altrettanto irreligiosi, ingordi ed incolti. Di quasi tutti, comunque, è rimasto qualcosa: il convento di San Francesco oggi è Palazzo Municipale; il monastero di Santa Chiara è Museo del Tessile; il Convento delle Domenicane è Scuola Media dei Salesiani; quello dei Preti di San Filippo Neri è sede di scuole e associazioni. Solo del monastero cistercense femminile di Santa Maria e Sant’Andrea non è rimasto nulla, se non la memoria. Prima ad essere demolita per volere di Carlo Porati di Cunico, che se l’era aggiudicata all’asta, fu la monumentale chiesa di Santa Maria e Sant’Andrea, prestigiosa opera di Filippo Juvarra. . “Porati – commenta il Montù, che non si capacitava del fatto che un così importante monumento fosse stato demolito, – era ateo: sua moglie, tanto più brava, lo scongiurò più volte a non metter giù Sant’ Andrea: ma invano”. Le monache l’avevano costruita con grandi sacrifici: si dice che abbiano mangiato per anni pane di segale, e quando venne abbattuta avevano appena finito di pagare i debiti. Edificata nel 1732, era una delle opere più belle del grande Filippo Juvarra. Tanto bella che lo stesso autore la considerava il suo capolavoro. “…Era una piccola Superga- racconta Gioacchino Montù – , corretta da’ suoi difetti dall’autore medesimo. Ogni architetto correa a visitarla, e visitandola non sapea trovare di tutti i tre ordini di architettura qual cosa vi fosse di più o qual di meno, tanto era in ogni suo ordine perfetta”. Di essa esiste un singolare quadro del pittore Pietro Fea, professore di disegno presso il Convitto Comunale, che la riproduce nel momento in cui veniva demolita (fig. 1). Qualche decennio dopo scomparve anche la seicentesca cappella barocca che sorgeva in mezzo al giardino, demolita dal suo acquirente, l’ebreo torinese Todros. “Non so se… per suggestione del diavolo – racconta il solito Gioacchino Montù – , questo ebreo… fece incominciare la demolizione di questa cappella sorprendente e magnifica… Non pericolava … e non so capire come, avendola conservata tanti anni il detto ebreo, amatore di belle arti, di musica ecc. e ricchissimo, e senza bisogno di trar partito da essa cappella, non so dico capire il motivo per cui ora siasi disposto a farla demolire … Se non sotto l’oggetto di cappella, almeno sotto l’oggetto d’arte doveva conservarsi tale cappella …”. Dalla distruzione ottocentesca si era salvato soltanto l’immenso monastero settecentesco, di circa 300 stanze (fig. 2). Nel 1962 il Comune di Chieri lo acquistò dall’ultimo proprietario, l’Orfanotrofio Femminile di Torino, con l’intenzione di installarvi la Scuola Media Mosso e gli appena istituiti Istituti per Ragionieri e Geometri. Poi però, nel luglio dello stesso anno, decise di raderlo al suolo e al suo posto costruire degli edifici prefabbricati (fig. 3). Poi è accaduto che negli ultimi decenni del Novecento si sono volute concentrare le scuole superiori in un solo sito, via Montessori, in regione Ravetta. Il che rese superflui gli edifici “industrializzati” costruiti al posto del monastero. Negli anni 2022-2023, dopo anni di abbandono, anche questi sono stati demoliti per lasciare il posto al “PATCH”, il “PArco del TEssile Chierese” (fig. 4).