Un episodio enigmatico: sembra che il pilota inglese sia stato tratto in inganno da due piante…
di Antonio Mignozzetti

Beppe Ferrero quando lavorava all’Aeritalia
Quando, il 10 giugno 1940, l’Italia entrò in guerra (evidentemente parliamo della seconda guerra mondiale) una delle principali preoccupazioni, anche dei Chieresi, era costituita dai bombardamenti, specialmente dopo che, nella notte fra l’11 e il 12 giugno 1940 (quindi la prima notte dopo l’entrata in guerra) ci fu la prima incursione di aerei inglesi su Torino: un’incursione che causò 13 morti fra i civili. Perciò l’Amministrazione Comunale non cessava di raccomandare che di notte venissero spente tutte le luci non necessarie e schermate quelle indispensabili. Tale obbligo riguardava anche le frazioni, Airali e Pessione, e le cascine isolate in mezzo alla campagna: “È dovere di tutti, per l’incolumità propria e per quella dei concittadini, – ricordava l’Arco – osservare scrupolosamente le norme sull’oscuramento. Ciò è da osservarsi anche nelle case coloniche che, se resteranno illuminate, potrebbero far ritenere ad aerei nemici di trovarsi in presenza di obiettivi di una certa importanza. È risultato infatti che i cascinali colpiti da bombe lanciate da aerei erano illuminate”. Infatti, anche se Chieri non costituiva un bersaglio primario come Torino, non era del tutto al sicuro essendo un importante polo dell’industria tessile, sede di due stazioni ferroviarie (una in città l’altra a Pessione) e dei capannoni-magazzino del 7° Reggimento di Artiglieria. Nonostante ciò, nessuno si sarebbe aspettato che solo tre mesi dopo l’inizio delle guerra la nostra città avrebbe dovuto registrare il suo primo attacco aereo. Eppure è quello che accadde. La notte del 14 agosto il rombo di un aereo solitario squarciò il silenzio notturno. Evidentemente nel tentativo di inquadrare un obiettivo preciso, il velivolo eseguì alcune evoluzioni sulla città. Poco dopo passò all’azione e sganciò cinque bombe di grosso calibro in regione Turriglie. Centrò la cascina Demaria. Il gestore della stessa, Giuseppe Ronco, colto nel sonno, morì sul colpo. Altri familiari furono feriti. La cascina fu semidistrutta. L’episodio destò grande sconcerto fra la popolazione. Al funerale, che si tenne il 17 agosto, partecipò una grande folla di Chieresi. Erano presenti anche tutte le organizzazioni fasciste, impegnate nella denuncia della barbarie degli Alleati, che non si facevano scrupolo di prendersela con dei civili inermi. “Perché – dicevano – che bisogno c’era di bombardare strada Turriglie? In una zona collinare così periferica cosa ci poteva essere di così importante da giustificare un’incursione aerea?”. Domande che rimasero senza risposte. Quell’episodio, almeno per i comuni mortali, rimase avvolto nel mistero.Come fossero andate veramente le cose lo si è saputo molto più tardi. L’indimenticato Beppe Ferrero, memoria storica della Chieri di quegli anni, in una intervista rilasciata nel 2010 ad alcuni soci dell’Associazione Carreum Potentia, raccontò ciò di cui era venuto a conoscenza dopo la fine della guerra. La cascina di Giuseppe Ronco era stata colpita per errore. Intenzione degli Alleati era di bombardare la vicina villa Vergnano, perché avevano scoperto che vi si era sistemato il Comiliter, il Comando Militare Territoriale, esso pure, come tanti privati cittadini torinesi, sfollato dalla città capoluogo proprio per sfuggire ai bombardamenti. Probabilmente, come riferimento per individuare il bersaglio, all’aviatore incaricato dell’assalto erano state date due grandi “albere” (cioè due grandi pioppi) che fiancheggiavano la villa. Ma l’aviatore, probabilmente complice anche l’oscuramento, aveva sbagliato bersaglio. Aveva colpito la non lontana cascina Demaria, ingannato dal fatto che anche quella era fiancheggiata da due grandi alberi. Quelli del Comiliter, comunque, capirono di essere stato scoperti e che era il caso di sgomberare. Precipitosamente e in tutta segretezza si spostarono nella spaziosa cascina Quarà, nei pressi della Villa Moglia. Beppe Ferrero disse di aver appreso tutto questo a guerra finita, da un bersagliere suo amico, di nome Vinai, appartenente al reparto che faceva la guardia al Comiliter.