CENTOTORRI/SFOGLIA LA RIVISTA – CURIOSITÀ CHIERESI – Un balcone che racconta

 

Se vi capitasse di percorrere a Chieri quel tratto della Via maestra, Via Vittorio Emanuele II, che va dall’Arco a San Domenico, soffermatevi davanti al civico 67. Sopra il grande portone c’è un balcone. Ora immaginatevi di sentire le campane di tutte le chiese della città suonare contemporaneamente a festa, di vedere a tutte le finestre la bandiera italiana e di vedere una folla immensa, festante venirvi incontro con a capo una banda musicale e tanti, tanti studenti. Sareste così tornati indietro nel tempo, a quel lunedì 4 novembre 1918 alle ore 20: quando il suono delle campane, le grida di gioia della folla e gli inni della banda musicale annunciavano anche a Chieri la fine della guerra, la Grande Guerra, la Prima Guerra Mondiale.La folla si fermò davanti al civico 67 perché qui abitava il sindaco Agostino Bottero, il quale da questo balcone, circondato dagli assessori Camillo Collo, Adolfo Bagnasacco e Francesco Piovano e dal segretario capo Antonio Pennano, pronunziò un discorso patriottico, che non c’è pervenuto forse perché parlò a braccio; c’è pervenuta invece la reazione dei chieresi esultanti e plaudenti. Poi la manifestazione si sciolse, ma la gioia non entrò in decine e decine di case chieresi in lutto o in ansia per le mancate notizie dei loro cari che risultarono nei giorni successivi ora dispersi, ora feriti mortalmente, ora in attesa di fare ritorno a casa.Senza perdere tempo lunedì 16 novembre alle ore 16 si riunirono in Municipio le autorità e le rappresentanze cittadine, per formare un Comitato per la raccolta e l’erogazione di somme di denaro a titolo di soccorso alle famiglie più bisognose dei combattenti chieresi. La commissione esecutiva era presieduta dal Sindaco Bottero, che si mise subito all’opera. A questo grande sindaco, insegnante ed educatore, Buno Bonino ha dedicato importanti ricerche confluite nel 2017 in un libro dal titolo: “Il Sindaco filosofo”.Anche un balcone può essere spunto per raccontare la nostra storia.

Roberto Toffanello